tristezza

La tristezza è un'emozione contraria alla gioia e alla felicità.
Essa può essere provata in condizioni normali,
durante la vita di tutti i giorni,
oppure a causa di un evento particolarmente drammatico.
Il momento della tristezza rappresenta l'incontro tra il desiderio
e i suoi limiti propri.
Non è l'esterno che in qualche modo delimita il desiderio,
bensì questi limiti sono costitutivi del desiderio stesso.
Accettare la propria limitatezza
aiuta in qualche modo a superare la tristezza.
Questo sentimento è proprio soprattutto degli artisti,
che cercano continuamente di superare sé stessi.
Molti pittori, musicisti e poeti hanno prodotto le loro migliori opere
in momenti di grande tristezza e malinconia.
La tristezza è un sentimento fisiologico
se limitato ad occasioni circoscritte.

La tristeza es una de las emociones básicas del ser humano,
junto con el miedo, la ira, el asco, la alegrìa y la sorpresa.
Estado afectivo provocado por un decaimiento de la moral.
Es la expresión del dolor afectivo mediante el llanto,
el rostro abatido, la falta de apetito, etc.
A menudo nos sentimos tristes
cuando nuestras expectativas no se ven cumplidas,
cuando las circunstancias de la vida son más dolorosas que alegres.
La alegría sería la emoción contraria.

Il vento

Per questo devo tornare a tanti luoghi futuri...
per incontrarmi con me stesso
ed esaminarmi senza sosta
senz'altro testimone che la luna...


... e poi fischiare di gioia
calpestando pietre e zolle,
senz'altro compito che esistere,
senz'altra famiglia che la strada.

(Fine del mondo - P.Neruda)

actitudes

da Maktub - P. Choelo


Cada persona, es su existencia, puede tener dos actitudes:
Costruir o Plantar.
Los constructores pueden demorar anos en sus tareas,
pero un dìa terminar aquello que estaban haciendo.
Entonces se paran, y quedan limitados por su propias paredes.
La vida pierde el sentido cuando la construcciòn acaba.
Pero existen los que plantan.
Estos a veces sufren con las tempestades, las estaciones,
y raramente descansan.
Pero, al contrario que un edificio, el jardìn jamàs para de crecer.
Y al mismo tiempo que exige la atenciòn del jardinero,
tambièn permite que, para èl,
la vida sea una gran aventura.
Los jardineros se reconoceràn entre sì,
porque saben que en la historia de cada planta
està el crecimiento de toda la tierra.

Favola d'amore


LE TRASFORMAZIONI DI PICTOR

Appena giunto in paradiso Pictor si trovò dinnanzi ad un albero che era insieme uomo e donna. Pictor salutò l'albero con riverenza e chiese: "Sei tu l'albero della vita?". Ma quando, invece dell'albero, volle rispondergli il serpente, egli si voltò e andò oltre. Era tutt'occhi, ogni cosa gli piaceva moltissimo. Sentiva chiaramente di trovarsi nella patria e alla fonte della vita.
E di nuovo vide un albero, che era insieme sole e luna. Pictor chise "Sei tu l'albero della vita?" Il sole annuì, la luna annuì e gli sorrise. Fiori meravigliosi lo guardavano, con una moltitudine di colori e di luminosi sorrisi, con una moltitutdine di occhi e di visi. Alcuni annuivano e ridevano, altri annuivano e sorridevano: ebbri tacevano, in se stessi si perdevano, nel loro profumo si fondevano. Un fiore cantò la canzone del lillà, un fiore cantò la profonda ninna-nanna azzurra. Uno dei fiori aveva grandi occhi blu, un altro gli ricordava il primo amore. Uno aveva il profumo del giardino dell'infanzia, il suo dolce profumo rinuonava come la voce della mamma. Un altro, ridendo, allungò verso di lui la sua rossa lingua curva. Egli vi leccò, aveva un sapore forte e selvaggio, come di resina e di miele, ma anche come di un bacio di una donna.
Tra tutti questi fiori stava Pictor, pieno di struggimento e di gioia inquieta. Il suo cuore, quasi fosse una campana, batteva forte, batteva tanto; il suo desiderio ardeva verso l'ignoto, verso il magicamente prefigurato.
Pictor scorse un uccello sull'erba posato e di luminosi colori ammantato, di tutti i colori il bell'uccello sembra dotato. Al bell'uccello variopinto egli chise "Uccello, dove è dunque la felicità?" "La felicità?" disse il bell'uccello e rise con il suo becco dorato, "la felicita, amico, è ovunque, sui monti e nelle valli, nei fiori e nei cristalli". Con queste parole l'uccello spensierato scosse le sue piume, allungò il collo, agitò la coda, socchiuse gli occhi, rise un'ultima volta e poi rimase seduto immobile, seduto fermo nell'erba, ed ecco: l'uccello era diventato un fiore varioponto, le piume si era erano trasformate in foglie, le unghie in radici. Nella glora dei colori, nella danza e negli splendori, l'uccello si era fatto pianta. Pictor vide questo con meraviglia.
E subito il fiore-uccello cominciò a muovere le sue foglie e i suoi pisttili, giò era stanco del suo essere fiore, già non aveva più radici, scuotendosi un pò si innalzò lentamente e fu una splendente farfalla, che si cullò nell'aria, senza peso, tutta di luce soffusa, splendente nel viso. Pictor spalancò gli occhi dalla meraviglia.
Ma la nuova farfalla, l'allegra variopinta farfalla-fiore-uccello, il luminoso volto colorato volò intorno a Pictor stupefatto, luccicò al sole, scese a terra lieve come un fiocco di neve, si sedette vicino ai piedi di Pictor, respirò dolcemente, tremò un poco con le ali splendenti, ed ecco, si trasformò in un cristallo colorato, da cui si irraggiava una luce rossa. Stupendamente brillava tra erba e piante, come rintocco di campana festante, la rossa pietra preziosa. Ma la sua patria, la profondità della terra, sembrava chiamarla; subito incominciò a rimpicciolirsi e minacciò di scomparire. Allora Pictor, spinto da un anelito incontenibile, si protese verso la pietra che stava svanendo e la tirò a sè. Estasiato, immerse lo sguardo nella sua luce magica, che sembrava irraggiargli nel cuore il presentimento di una piena beatitudine.
All'improvviso, strisciando sul ramo di un albero disseccato, il serpente gli sibilò nell'orecchio: "La pietra si trasforma in quello che vuoi. Presto, dille il tuo desiderio, prima che sia troppo tardi!" Pictor si spaventò e temette di vedere svanire la sua fortuna. Rapido disse la parola e si trasformò in un albero. Giacchè più di una volta aveva desiderato essere un albero, perchè gli alberi gli apparivano così pieni di pace, di forza e di dignità.
Pictor divenne albero. Penetrò con le radici nella terra, si allungò verso l'alto, fogle e rami germogliarono dalle sue membra. Era molto contento. Con fibre assetate succhiò nelle fresche profondità della terra e con le foglie sventolò alto nell'azzurro. Insetti abitavano nella sua scorza, ai suoi piedi abitavano il porcospino e il coniglio, tra i suoi rami gli uccelli. L'albero Pictor era felice e non contava gli anni che passavano. Passarono molti anni prima che si accorgesse che la sua felicità non era perfetta. Solo lentamente imparò a guardare con occhi d'albero. Finalmente potè vedere, e divenne triste. Vide infatti che intorno a lui nel paradiso gran parte degli esseri si trasformava assai spesso, che tutto anzi scorreva in un flusso incantato di perenni trasformazioni. Vide fiori diventare pietre preziose o volarsene via come folgoranti colibrì. Vide accanto a sè più di un albero scomparire all'improvviso: uno si era sciolto in fonte, un altro era diventato coccodrillo, un altro ancora nuotava fresco e contento, con grande godimento, come pesce allegro guizzando, nuovi giochi in nuove forme inventando. Elefanti prendevano le veste di rocce, giraffe la forma di fiori.
Lui invece, l'albero Pictor, rimaneva sempre lo stesso, non poteva più trasformarsi. Dal momento in cui capì questo, la sua felicità se ne svanì: cominciò ad invecchiare e assunse sempre più l'aspetto stanco, serio e afflitto, che si può osservare in molti vecchi alberi. Lo si può vedere tutti i giorni anche nei cavalli, negli uccelli, negli uomini e in tutti gli essere: quando non possiedono il dono della trasformazione, col tempo sprofondano nella tristezza e nell'abbattimento, e perdono ogni bellezza.
Un bel giorno, una fanciulla dai capelli biondi e dalle veste azzurra si perse in quella parte del paradiso. Cantando e ballando la bionda fanciulla correva tra gli alberi e prima di allora non aveva mai pensato di desiderare il dono della trasformazione. Più di una scimmia sapiente sorrise alla suo passaggio, più di un cespuglio l'accarezzò lieve con le sue propaggini, più di un albero fece cadere al suo passaggio un fiore, una noce, una mela, senza che lei vi badasse.
Quando l'albero Pictor scorse la fanciulla, lo prese un grande struggimento, un desiderio di felicità come non gli era ancora mai accaduto. E allo stesso tempo si trovò preso in una profonda meditazione, perche era come se il suo stesso sangue gli gridasse: "Ritorna in te! Ricordati in questa ora di tutta la tua vita, trovane il senso, altrimenti sarà troppo tardi e non ti sarà più data alcuna felicità!. Ed egli ubbidì. Rammemorò la sua origine, i suoi anni da uomo, il suo cammino verso il paradiso, e in modo particolare quell'istante prima che si facesse albero, quell'istante meraviglioso in cui aveva avuto in mano quella pietra fatata. Allora, quando ogni trasformazione gli era aperta, la vita in lui era stata ardente come non mai! Si ricordò dell'uccello che allora aveva riso e dell'albero con la luna e il sole; lo prese il sospetto che allora avesse perso, avesse dimentato qualcosa, e che il consiglio del serpente non era stato buono.
La fanciulla udì un fruscio tra le foglie dell'albero Pictor, alzò lo sguardo e sentì, con un improvviso dolore al cuore, nuovi pensieri, nuovi desideri, nuovi sogni muoversi dentro di lei.
Attratta dalla forza sconosciuta si sedette sotto l'albero. Esso le appariva solitario, solitario e triste, e in questo bello, commovente e nobile nella sua muta tristezza; era incantata dalla canzone che sussurrava lieve la sua chioma. Si appoggiò al suo tronco ruvido, sentì l'albero rabbrividire profondamente, sentì lo stesso brivido nel proprio cuore. Il suo cuore, era stranamente dolente, nel cielo della sua anima scorrevano nuvole, dai suoi occhi cadevano lentamente pesanti lacrime. Cosa stava succedendo? Perchè doveva soffrire così? Perchè il suo cuore voleva spaccare il petto e andare a fondersi con lui, con esso, con il bel solitario?
L'albero tremò silenzioso fin nelle radici, tanto intensamente raccoglieva in sè ogni forza vitale, proteso verso la fanciulla, in un ardente desiderio di unione. Ohimè, perchè si era lasciato raggirare dal serpente per eesere confinato così, per sempre, solo in un albero! Oh, come era stato cieco, come era stato stolto! Davvero allora sapeva così poco, davvero era stato così lontano dal segreto della vita? No, anche allora l'aveva oscuramente sentito e presagito - ohimè! e con dolore e profonda comprensione pensò ora all'albero che era fatto di uomo e di donna!
Venne volando un uccello, rosso e verde era l'uccello, ardito e bello, mentre descriveva nel cielo un anello. La fanciulla lo vide volare, vide cadere dal suo becco qualcosa che brillò rosso come sangue, rosso come la brace, e cadde tra le verdi piante, splendette di tanta familiarità tra le verdi piante, il richiamo squillante della sua rossa luce era tanto intenso, che la fanciulla si chinò e sollevò quel rossore. Ed ecco che era un cristallo, un rubino, ed intorno ad esso non vi può essere oscurità.
Non appena la fanciulla ebbe preso la pietra fatata nella sua mano bianca, immediatamente si avverò il sogno che le aveva riempito il cuore. La bella fu presa, svanì e divenne tutt'uno con l'albero, si affacciò dal suo tronco come un robusto giovane ramo che rapido si innalzò verso di lui.
Ora tutto era a posto, il mondo era in ordine, solo ora era stato trovato il paradiso, Pictor non era più un vecchio albero intristito, ora cantava forte Pictoria. Vittoria.
Era trasformato. E poichè questa volta aveva raggiunto la vera, l'eterna trasformazione, perchè da una metà era diventato un tutto, da quell'istante potè continuae a trasformarsi, tanto quanto voleva. Incessantemente il flusso fatato del divenire scorreva nelle sue vene, perennemente partecipava della creazione risorgente ad ogni ora.
Divenne capriolo, divenne pesce, divenne uomo e serpente, nuvola e uccello. In ogni forma però era intero, era una "coppia", aveva in sè luna e sole, uomo e donna, scorreva come fiume gemello per le terre, stava come stella doppia in cielo.

dice il maestro:


da Maktub di P. Coelho

La Leyenda Personal no es tan simple come parece.
Al contrario, puede ser una actividad peligrosa.
Cuando queremos algo, ponemos en marcha energias poderosas,
y ya no podemos ocultarnos el verdadero sentito de nuestra vida.
Cuando queremos algo, escogemos el precio que vamos a pagar.
Seguir un sueno tiene un precio.
Puede exigir que abandonemos viejos hàbitos,
puede hacernos pasar dificultades, tener decepcione, .....
Pero, por alto que sea ese precio,
nunca es tan alto como el que paga el que no viviò
su Leyenda Personal.
Porque èstos un dìa miraràn atràs,
veràn todo lo que hicieron
y escucharàn a su proprio corazòn decir:
"He desperdiciado mi vida".
Creedme, esta es una de las peores frases
que alguien puede oir.

dedica



Este post està dedicato a mi amiga Alicia.
Son fotos de una magnifica puesta del sol desde lo mas alto de Badajoz,
la ciudad donde ella vives.
Nos junta una energia particular y esperiencias
que no se pueden olvidar...
aùn ella vive lejana
siempre estarà en mi corazòn
Te quiero Alli

hoy.... oggi


Questo è quanto abbiamo realizzato
oggi nel nostro laboratorio....
angeli e diavoli uniti da un amore...
come quello che io provo per il mio lavoro!







Esto es aquel que hemos hecho hoy en mi oficina.
Entre los diablillos y los angelitos està el amor....
el mismo amor que yo encontro en mi trabajo!

Secretos


...Il segreto della felicità è amare il dovere
e fare di esso un piacere...

(Photo by Robertina 2007)

...El secreto de la felicida es amar el deber
y hacer del el un placer...

puesta del sol

un magnifico tramonto rientrando a casa
dopo una lunga giornata di lavoro

°°°°°°°°°°°

Magnifica pusta del sole de vuelta en mi casa
despuès de un largo dia de trabajo